FINPIEMONTE, PORCHIETTO E VIGNALE: NUOVO ASSETTO E PIANO INDUSTRIALE NON CONVINCONO. ALTO IL RISCHIO DI DOVER RIPIANARE I CONTI FRA QUALCHE ANNO

“Non vorremmo doverci trovare fra qualche anno a dover ripianare i conti di Finpiemonte. Non ci convincono nè il nuovo piano industriale né l’assetto organizzativo del personale”. Ad esprimente questa preoccupazione i consiglieri regionali di Forza Italia, Claudia Porchietto e Gian Luca Vignale a seguito della presentazione del piano industriale della nuova Finpiemonte.

Spiegano i due consiglieri azzurri: “Oggi la Regione Piemonte ha una occasione unica, quella cioè di investire i fondi residui della vecchia programmazione. Sinceramente immaginavamo un percorso strutturato che non tramutasse la Finpiemonte in una ‘Cassa Depositi e Prestiti” locale, peccando di forte provincialismo, bensì in una occasione di rilancio vero del tessuto industriale e artigiano piemontese. Durante l’illustrazione in Commissione abbiamo notato la sovrapposizioni di misure fotocopia, prestiti a forte di ordini/contratti deboli, fondi per confidi ma sempre senza un filo conduttore che risponda ad una semplice domanda: la Regione Piemonte dove vuole andare nei prossimi cinque anni? Su che cosa vuole investire? Quali settori vuole sostenere? Con quali strumenti di governance intende indirizzare le politiche industriali? Ma soprattutto vuole attivare politiche industriali?”.

Concludono Porchietto e Vignale: “Siamo certi della buona fede messa dall’assessore alle Attività Produttive e dal presidente di Finpiemonte. Esistono però degli elementi che ci preoccupano ancora di più della mission perché rischiano di dilapidare i fondi aggiuntivi iscritti quest’anno. Manca ad esempio nel conto economico la distinzione fra commissioni garanzia e commissioni spese, una situazione che non permette di confrontare in alcun modo la copertura dei rischi e dei costi di struttura. Manca un piano per riqualificare il personale interno per il cambio di competenze necessario di fronte alle nuove azioni attivate. Manca l’idea di attivare l’erogazione di prestiti subordinati a tasso partecipativo, vista la struttura prettamente familiare delle nostre imprese, ma invece si inventano i social bond per gestire l’immigrazione. Insomma ci pare una insalata russa uscita male, con tanti gusti, ma nessuno coerente con l’altro”.